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Giorgio Samorini - Mitologia delle piante inebrianti

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Edizioni Studio Tesi - Gennaio 2016 - 2008 Pagine.

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Le piante inebrianti sono state ovunque considerate un dono che le divinità fecero agli uomini “tanto tempo fa” per permettere la comunicazione con la sfera divina, con il mondo degli spiriti o degli antenati.

Questa credenza ha portato all'elaborazione del mito d’origine della pianta inebriante, che spiega, motiva e continuamente fonda la sua esistenza e il suo rapporto causale con l’uomo.

Un mito più o meno elaborato, a volte ben preservatosi nelle cosmogonie e nelle antropogonie delle popolazioni tradizionali, in altri casi rintracciabile in un racconto, in una novella o in un semplice aneddoto, come forma residuale folklorica degli antichi miti.

In questo saggio sono raccolti e spiegati i racconti mitologici delle più disparate fonti vegetali inebrianti per l’uomo: dagli stimolanti quali caffè, tè, tabacco, coca, ai sedativi come le bevande alcoliche e il papavero da oppio, alle fonti visionarie e allucinogene quali canapa, peyote, mandragora, ayahuasca, funghi.

Con un’osservazione che spazia fra le più disparate culture umane attuali e del passato, riemergono le origini siderali della vite, il parto vegetale della prima donna di questo mondo (ayahuasca), i miti che vedono nascere piante inebrianti nel luogo di amplessi umani (tabacco) o divini (kava), o incestuosi (coca), passando per quelli che vedono originare l’inebriante dalla tomba di donne morte ingiustamente (papavero) o per mal d’amore (betel), o che nascono per volontà divina per salvare un uomo, una donna o un’intera tribù (peyote, iboga).

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