Il Legno Sacro: incontro col Palo Santo
Dopo un’estate trascorsa nel più bel flusso creativo, settembre mi ha accolta con la “dura realtà” della vita, risvegliandomi con problemi familiari a cui far fronte. Così mi sono trovata a dover trascorrere tempi anche lunghi in spazi non proprio accoglienti, case in cui le memorie degli antenati sono così pesanti e travolgenti da farmi passare quasi intere notti senza dormire, con la casa che parlava attraverso i mobili e l’aria satura di presenze che richiedevano la mia attenzione. Mi sono ricordata allora, nell’emergenza, non potendo praticare pulizie energetiche più approfondite, di uno strumento molto efficace e di veloce utilizzo, che non avevo mai sperimentato seriamente: il Palo Santo. Un pezzetino di legno chiaro, semplicissimo, la cui potenza energetica ed effettiva efficacia mi ha lasciato molto stupita e riconoscente, perché ho potuto pulire l’aria della stanza in cui dormivo con poche fumigazioni ed evitare così di trascorrere la notte in bianco. Ha funzionato alla perfezione. Lo so che molti di voi penseranno “E allora? Di cosa ti stupisci? Certo che ha funzionato!”. Ebbene, io non l’avevo mai utilizzato nei cosiddetti casi disperati, in ambienti molto infestati e densi, quindi è stata una scoperta.
Per coloro che non conoscono il Palo Santo e le sue meravigliose proprietà, nonché la sua bellissima storia, proverò a raccontarvi quello che ho scoperto successivamente alla mia stupita scoperta, quando ho deciso di capire meglio che tipo di strumento stessi utilizzando e quale fosse il modo di usarlo al meglio delle sue possibilità. Innanzitutto, la provenienza. I legnetti arrivano dall’albero chiamato Palo Santo (il cui nome botanico è Bursera graveolens), che cresce soprattutto in Perù ed Ecuador. Il nome gli fu evidentemente dato dai conquistadores, che lo chiamarono appunto “legno sacro” in quanto sin dall’antichità veniva utilizzato dagli sciamani inca e dagli indigeni delle Ande nei rituali e nelle cerimonie, sia per tenere lontane entità ostili, sia come mezzo per comunicare con gli dèi. Era anche utilizzato per scopi terapeutici, avendo molteplici proprietà medicinali. Ad esempio, trattando il legno di Palo Santo in diversi modi (come essenza, cuocendo la corteccia oppure semplicemente fumigandolo) aiuta nell’attenuazione dell’emicrania e dello stress, sana problemi cutanei e muscolari, disturbi di stomaco e aiuta a cicatrizzare le ferite (in quest’ultimo caso attraverso l’utilizzo della cenere). È anche un ottimo repellente contro le zanzare e altri insetti fastidiosi, che allontana delicatamente consentendoci di non dover ricorrere a misure più drastiche!
Quello che più mi preoccupava, all’inizio delle mie ricerche, era il modo in cui fosse “prodotto” il legnetto: non volevo essere complice di una deforestazione causata dal business del Palo Santo. Ed è stata un’altra scoperta meravigliosa, perché Madre Natura ha sempre un modo spettacolare di fare le cose, da grande Maestra. I benefici di questi legnetti sono tali soltanto grazie a un processo di morte, ossia la pianta deve essere deceduta da circa tre o quattro anni perché è proprio grazie al processo di decomposizione che il legno, a contatto con la terra in cui è vissuto, si arricchisce di tutta una serie di sostanze che lo rendono efficace e incredibilmente profumato. In rispetto alla pianta e al suo ambiente circostante, si raccolgono i rami caduti o si tagliano piccole porzioni da piante ormai morte da anni. Effettivamente si è costretti ad agire in questo modo, perché il Palo Santo vivo e vegeto non ha assolutamente nessuna delle proprietà cui accennavamo, né un buon odore. Sono sicura che la Pacha Mama ha avuto l’accortezza di utilizzare un tale éscamotage per evitare che noi esseri umani, poco accorti e lungimiranti, rischiassimo di far estinguere quest’albero sacro e prezioso, sfruttandolo in modo incosciente senza pensare - come sempre accade quando l’uomo sfrutta la Natura - alle conseguenze.
Ciò che rende prezioso questo legno è la resina che vi scorre al suo interno, la quale deve essere bruciata delicatamente, per evitare che si consumi tutta in una fiammata. Ed ecco qui l’attenzione al gesto: quando accendiamo un pezzetto di Palo Santo dobbiamo stare attenti, non avvicinare troppo la fiamma e in caso spegnere subito il legnetto infiammato, perché altrimenti oltre a scurirsi verrà consumata tutta la resina al suo interno e ciò che si otterrà sarà un acre odore di legno bruciato e lo scomparire di qualsiasi proprietà in esso contenuta, oltre al piacevole profumo.
Altra cosa che mi piace molto nell’utilizzo del Palo Santo è che non solo bisogna essere attenti ma anche presenti, ci vuole cioè un intervento continuo, una partecipazione costante per far sì che il legno non si spenga, avvicinando ogni tanto la fiamma delicatamente alla sommità già calda per ravvivarla. Questa partecipazione e quest’attenzione fanno parte di un rito di purificazione in cui chi lo compie non delega ad altri ma si prende la responsabilità di condurlo lui stesso, per sé e l’ambiente che desidera pulire. E sapere cosa stiamo utilizzando, la sua provenienza e storia, fa parte di una consapevolezza che va coltivata ogni giorno, nutrita di un sapere antico e accresciuta attraverso un movimento rispettoso del rito.
Silvia Tusi@Spazio Nagual
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