Coltivare la canapa in Nepal
Dopo il devastante terremoto dell’aprile 2015, sono nati molti progetti per la ricostruzione di questa bellissima terra e tante persone sono andate in Nepal per aiutare e sostenere la popolazione duramente colpita da questa catastrofe. Proprio in questo senso si inserisce anche il progetto di Italia-Nepal Canapa solidale. La canapa ha una tradizione più che millenaria in Oriente, così come qui da noi, ed è chiamata Gàza, dal sanscrito Ganja. Benché lì le leggi siano molto severe e proibizioniste rispetto alla cannabis e al consumo di marijuana, è ormai consentita invece la coltivazione di canapa come materiale di fabbricazione di vestiario, accessori, corde, creando una tela che va da una trama grossa e grezza fino a una più fine e delicata. La cosa incredibile è che lì la canapa nasce spontanea e selvatica, quindi al di là delle coltivazioni “civilizzate”, molti villaggi la possono raccogliere e utilizzare per produrre di tutto, dal cibo alla carta, dall’olio ai tessuti. Ma il governo ha stabilito ferree limitazioni, i villaggi possono solo produrla per il proprio consumo interno e non per venderla sul territorio nazionale, se non a fronte di una lunga richiesta di autorizzazioni che nessuno si avventura a intraprendere, per evitare inoltre di essere oggetto di controlli e sospetti.
In questo contesto un po’ complicato, kafkianamente burocratico e perfino un po’ rischioso in termini di arresti e denunce, si inserisce il progetto solidale tra Italia e Nepal, un ponte (e non un muro, come raccontano loro stessi) per sviluppare una produzione autoctona a km 0 di canapa, nonostante la forte concorrenza delle produzioni indiane e cinesi.
Come raccontano gli stessi iniziatori: «Questo progetto è giunto oggi in piena fase esecutiva dopo qualche anno di incubazione, grazie all’impegno volontario personale di pochi, ed al sostegno di un pugno di persone, situazioni ed associazioni amiche e solidali in Italia e, da poche settimane, qui in Nepal. Non si tratta di ‘vendere magliette’ speculandoci e sfruttando la mano d’opera locale, come fanno, per esempio, molte Companies nepalesi, americane, cinesi e tedesche, bensì di aiutare le comunità a sostenersi e difendere la loro coltura tradizionale, coinvolgendole direttamente e procurando sbocchi di mercato ai loro manufatti e ad altri nuovi, di proporre loro di confezionare felpe, maglie, borse secondo le richieste e i modelli da noi forniti, di eliminare gli intermediari e creare un rapporto diretto produttore – acquirente solidale, garantendo la gestione diretta dell’intera filiera produttiva alle comunità stesse, quindi col massimo valore aggiunto per il ‘prezzo sorgente’ riconosciuto ai coltivatori-produttori, la massima trasparenza, un approccio per quanto possibile anti-commerciale».
Ho ricevuto in regalo uno zaino ideato e cucito a mano da nepalesi facenti parte di questo progetto. Lo uso quasi ogni giorno, nelle mie passeggiate nei boschi, nei miei viaggi in treno, nelle mie incursioni metropolitane. E’ resistente, molto capiente, colorato e curato nei minimi particolari (tasca interna per il computer, tante tasche esterne con zip, due sacche laterali per il termos o l’acqua). La tela di canapa in generale è un tessuto indistruttibile e mi piace l’idea che questo zaino resterà con me per un bel po’ di tempo, condividendo avventure ed esplorazioni e accompagnandomi nel mondo col suo aspetto allegro e colorato ma al contempo sobrio e funzionale. E sono altresì contenta di poter portare sulle spalle un po’ di Nepal e di sostenere in questo modo un progetto serio, onesto e rispettoso di tutti gli esseri viventi e della Pacha Mama.
Grazie Italia-Nepal Canapa Solidale!
Silvia Tusi@Nagual
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